LE DIMISSIONI PER FATTI CONCLUDENTI secondo INL e INPS

Nel caso in cui il dipendente intenda fare cessare il rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, che sia in corso di regolare svolgimento, per motivi personali – per esempio perché ha reperito un’altra occupazione, perché si trasferisce in un’altra città, e così via – si è di fronte alle dimissioni cd. ordinarie (o volontarie).

In tal caso, nel rispetto degli obblighi formali previsti (modulo telematico o sede protetta), il lavoratore deve osservare il periodo di preavviso stabilito dal contratto collettivo; in mancanza di preavviso, gli sarà trattenuta una indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.

⚠️ Per contro, nel contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, salva una diversa disciplina prevista dalla contrattazione collettiva, le dimissioni ordinarie non sono astrattamente possibili; sono però sempre ammesse quelle per giusta causa nonché la risoluzione consensuale del rapporto.

 

🔍 La Legge 13 dicembre 2014, n. 203 in vigore dal 12 gennaio 2025, ha modificato l’art. 26 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 151, che disciplina le modalità per attuare le dimissioni volontarie e la risoluzione consensuale del lavoratore. 🔍

 

 

Ebbene, in base al nuovo co. 7-bis del D.Lgs. n. 151/2015, vale quanto segue:

  • in caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale applicato al rapporto o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a 15 giorni, il datore ne dà comunicazione alla sede territoriale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, che può verificarne la veridicità;
  • in questo caso, il rapporto si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica l’articolo 26;
  • tali disposizioni non si applicano se il lavoratore dimostra l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza.

Si forniscono di seguito le indicazioni fornite dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro e dall’INPS in materia.

 

➡️ INL – Ispettorato Nazionale del Lavoro

 

L’INL ha precisato quanto segue:

  • il datore che vuole avvalersi delle dimissioni “per fatti concludenti” del dipendente deve individuare la sede dell’ITL competente in base al luogo di svolgimento del rapporto di lavoro, e quindi informare tale organo, (molto meglio se) a mezzo PEC inviata all’indirizzo istituzionale di ciascuna sede;
  • la comunicazione va redatta – in base al facsimile allegato alla Nota dell’INL – riportando tutte le informazioni concernenti il lavoratore, riferibili non solo ai dati anagrafici ma soprattutto ai recapiti, anche telefonici e di posta elettronica, di cui il datore è a conoscenza;
  • in base alla comunicazione pervenuta e ad eventuali altre informazioni già in suo possesso, ⚠️ l’ITL può (non deve) verificare la “veridicità della comunicazione”; a tal fine, esso può contattare il lavoratore – ma anche i suoi colleghi o altri soggetti che possano fornire elementi utili – per accertare se veramente il lavoratore non si è più presentato in azienda, né ha potuto comunicare l’assenza;
  • quanto sopra, ossia l’indagine dell’ITL, deve concludersi ⚠️ entro 30 giorni dalla ricezione della comunicazione inviata dal datore (se si invia una raccomandata e non una PEC, i tempi si allungano);
  • una volta decorso il periodo previsto dal CCNL o gli almeno 16 giorni di legge, e inviata la PEC all’ITL, il datore comunicare la cessazione del rapporto (anche se l’ente non si è ancora attivato, o se si è attivato ma non ha ancora concluso i propri accertamenti, dei quali peraltro il datore viene informato solo a cose fatte);
  • in tal caso, quindi, come da norma, il rapporto si intende risolto per volontà del lavoratore, ossia per dimissioni, senza altre formalità;
  • ⚠️ nulla da fare, però – nel senso che il rapporto resta in essere – se il lavoratore prova l’impossibilità, per causa di forza maggiore o fatto imputabile al datore, di comunicare i motivi ne giustificano la condotta: tali motivi riguardano non tanto le ragioni dell’assenza quanto l’impossibilità di comunicarli al datore (es. perché ricoverato in ospedale) o comunque la circostanza di averli comunicati;
  • Se ⚠️ il lavoratore dimostra quanto sopra o se l’ITL accerta che la comunicazione datoriale non è fondata, il rapporto non si risolve e, solo in tal caso, l’ente comunicherà tale situazione al dipendente (che ha diritto alla ricostituzione del rapporto anche se il datore ha già trasmesso il modello Unilav) e al datore;
  • infine, se risulta che il lavoratore, pur contattato dall’ITL, è stato assente senza giustificato motivo e non ha provato l’impossibilità di comunicarlo, il rapporto si intende comunque risolto: i motivi a base dell’assenza (es. mancato pagamento delle retribuzioni) potranno però essere oggetto di diversa valutazione anche quale “giusta causa” delle dimissioni, rispetto alle quali l’ITL informerà il lavoratore dei propri diritti.

 

➡️ INPS

 

L’INPS, oltre a quanto sopra, ha evidenziato che il lavoratore non ha diritto alla NASpI e, quindi, ⚠️ il datore non è tenuto a versare il cd. ticket di licenziamento.

Infine, dal 12 gennaio 2025, tali interruzioni del rapporto vanno esposte nel flusso Uniemens con il nuovo codice <Tipo Cessazione> “1Y”, avente il significato di: “Risoluzione rapporto di lavoro articolo 26 D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 151, comma 7 bis”.

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