TFR IN AZIENDA O AD UN FONDO PENSIONE
La scelta della destinazione del TFR da parte del lavoratore rappresenta una decisione che va presa con con le giuste informazioni. Si tratta di una scelta essenziale all’inizio o durante il rapporto di lavoro, che può avere risvolti per il lavoratore sia in costanza ma anche alla cessazione del rapporto stesso, con l’applicazione di una diversa tassazione a seconda dei casi, fino al momento del pensionamento, consentendo sulla base della previdenza complementare un accesso anticipato.
Vediamo nel dettaglio cosa prevede la normativa, per una maggiore chiarezza.
➡️ Quale scelta in materia di TFR spetta ai dipendenti
All’atto dell’assunzione il lavoratore è chiamato a esprimere, 🔍 entro 6 mesi, la volontà di accantonare il TFR maturato in azienda oppure destinarlo alla previdenza complementare. In quest’ultimo caso, la destinazione del TFR al fondo pensione può avvenire:
- all’inizio del primo rapporto di lavoro;
- in qualsiasi momento successivo.
Si tratta di una scelta libera per il lavoratore, ma la volontà di aderire ad un fondo di previdenza complementare lo impegna in modo irreversibile. ⚠️ Ciò significa che non potrà successivamente, in caso di un nuovo rapporto di lavoro, non aderire alla previdenza integrativa ma potrà eventualmente decidere di modificare il fondo di adesione sulla base del principio di portabilità.
Il conferimento del TFR al fondo pensione può essere effettuato in due modalità:
- adesione esplicita, scegliendo di versare il TFR nel fondo pensione entro i primi 6 mesi dall’assunzione;
- adesione tacita, nel caso in cui il lavoratore non faccia la sua scelta entro i 6 mesi previsti.
⚠️ Attenzione ⚠️
Nell’arco temporale dei 6 mesi, in caso di prima assunzione, per la gestione del proprio TFR è vincolato al meccanismo del silenzio-assenso: se in questo periodo il lavoratore non esprime alcuna scelta sarà l’azienda stessa a far confluire il TFR nel fondo previsto dal CCNL, oppure se sono presenti più fondi in azienda, il lavoratore verrà iscritto a quello con il maggior numero di adesioni.
Se invece in questo arco temporale, il lavoratore opta per il conferimento in azienda allora nei rapporti di lavoro futuri potrà scegliere tra due opzioni:
- mantenere anche nel nuovo rapporto di lavoro il TFR in azienda;
- aderire alla previdenza complementare.
L’ultima opzione possibile per il lavoratore che ha precedentemente destinato il TFR in azienda, è quella di aderire ad un fondo di previdenza durante il rapporto di lavoro vincolandosi da quel momento in avanti, fermo restando la possibilità di trasferire il TFR pregresso, alla previdenza di secondo pilastro.
➡️ Quali gli elementi per effettuare la scelta
Vediamo ora il confronto fra due elementi per questa scelta e quanto rende ciascuna:
- al TFR lasciato in azienda si applica un tasso di rivalutazione costituito dall’1,5% fisso più il 75% dell’inflazione annua;
- il TFR conferito al fondo pensione viene investito sui mercati finanziari e genera dei rendimenti ottenuti sulla base delle politiche di investimento messe in atto e del comparto scelto dal lavoratore.
I rendimenti derivanti dal conferimento del TFR al fondo pensione dipendono dalle scelte di investimento (ad esempio, possono variare in base al profilo di rischio più o meno alto del comparto di investimento scelto) e dall’andamento dei mercati finanziari, ma soprattutto dall’orizzonte temporale, considerando che per il risparmio previdenziale occorre sempre avere come riferimento il lungo periodo.
➡️ TFR accantonato in azienda
Se il lavoratore decide di mantenere il proprio TFR in azienda, gli elementi oggettivi da considerare sono:
Liquidità immediata: il TFR in azienda, previo accordo col datore di lavoro, è generalmente disponibile in forma liquida, consentendo al lavoratore di accedervi facilmente in caso di necessità. Questa flessibilità potrebbe rivelarsi preziosa in situazioni impreviste o per fronteggiare spese urgenti. Allo stesso tempo, bisogna considerare anche che esistono regole sulle anticipazioni anche per il TFR in azienda, seppur possano essere derogate da un accordo più favorevole col datore.
Controllo diretto: mantenendo il TFR in azienda, il dipendente ha il pieno controllo dello stesso, avendo un rendimento prevedibile, seppure contenuto; il TFR in azienda, infatti, si rivaluta il 75% del tasso di inflazione, più un tasso fisso del 1,5%.
Rendimento potenzialmente inferiore: il TFR in azienda è spesso soggetto a un rendimento più basso rispetto a un investimento in un fondo pensione.
Rischio aziendale: tenere il TFR in azienda significa esporre una parte del patrimonio previdenziale al rischio di insolvenza o difficoltà finanziarie dell’azienda.
Tassazione: il TFR accantonato in azienda viene tassato con l’applicazione della tassazione separata, con la consapevolezza che tale importo non è calcolato dal datore di lavoro in modo definitivo ma è previsto un possibile ricalcolo da parte dell’Agenzia delle Entrate sulla base dell’aliquota media di tassazione dei cinque anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione. In ogni caso l’aliquota applicata non è inferiore al 23% e l’impatto dipende proprio dall’aliquota media individuata sulla base dei redditi percepiti (a redditi elevati corrispondono aliquote IRPEF elevate).
➡️ Cosa sono i fondi pensione
I fondi pensione sono strumenti di previdenza complementare, disciplinati dalla legge, e devono rispettare le normative e le regole stabilite.
Esistono quattro tipologie di forme pensionistiche complementari:
- i fondi chiusi o negoziali, sono istituiti dai rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro nell’ambito della contrattazione nazionale, di settore o aziendale;
- i fondi aperti sono istituiti da banche, imprese di assicurazioni, società di gestione del risparmio (SGR) e società di intermediazione mobiliare (SIM). Sono, di fatto fondi completamente privati, ma soggetti alle medesime regolamentazioni e che offrono le medesime garanzie di un fondo di categoria;
- i Piani pensionistici individuali (PIP) sono fondi pensione ma anche contratti di assicurazione sulla vita. A differenza di fondi chiusi e fondi aperti, i PIP sono totalmente individuali e negoziabili con gli erogatori (compagnie assicurative e banche) in modo totalmente personalizzato;
- i fondi pensione preesistenti, già esistenti al 15 novembre 1992. Questi fondi hanno caratteristiche particolari e possono gestire il denaro anche senza intermediari specializzati. Sono una categoria di fondi residuale.
Qualora il lavoratore fosse interessato, potrà rivolgersi a tali fondi per comprenderne tutte le caratteristiche, differenti da fondo a fondo, tra cui i vincoli di accesso al TFR versato, le commissioni di gestione nonché il rendimento del TFR versato.
➡️ La tassazione nel caso dei fondi pensione
Nel caso dell’adesione alla previdenza complementare, le somme liquidate al pensionamento, relativamente ai contributi versati dal 1° gennaio 2007, subiscono 🔍 una ritenuta a titolo d’imposta del 15%. Se però, l’anzianità di partecipazione al fondo è superiore ai 15 anni, l’aliquota diminuisce dello 0,30% per ogni anno di successiva adesione, sino al limite massimo di riduzione corrispondente al 6%.
➡️ La contribuzione aggiuntiva per alcuni fondi pensione
Essendoci diversi fondi pensione, la differente tipologia può comportare delle differenze anche in relazione a cosa e quanto si può accantonare all’interno del fondo stesso.
Ad esempio, i fondi pensione negoziali o chiusi, oltre alla quota del TFR, hanno la caratteristica di poter aumentare l’ammontare accantonato grazie ad una 🔍 quota aggiuntiva di contribuzione. Tale contribuzione non incrementa l’anzianità contributiva del lavoratore, ossia non aggiunge anni utili al raggiungimento del diritto a pensione, ma è una percentuale prevista dal fondo stesso che va solitamente calcolata sulla retribuzione utile a TFR che aumenta l’ammontare economico accantonato.
➡️ La deducibilità prevista per i fondi pensione
Oltre all’incremento della propria posizione, un altro elemento importante che può indirizzare il lavoratore verso la scelta di adesione ad un fondo di previdenza è la deducibilità della contribuzione aggiuntiva calcolata. Tale deducibilità è dalla normativa fiscale per un importo non superiore a 🔍 € 5.164,57 annui, ottenendo in questo modo anche un beneficio fiscale.
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